Il commento di Pietro Padovani: 13^ giornata
È il periodo dei dejà vu, infatti se domenica scorsa siamo tornati a Modena contro una squadra ultima in classifica come quando si andò a Cittadella, questa domenica si affronta una partita casalinga dopo tre vittorie consecutive come successe quando incontrammo il Fiorano in casa. In quell’occasione, prima della partita con il Fiorano vincemmo sul campo del Pallavicino all’epoca ultima in classifica, così come domenica scorsa abbiamo battuto la Solierese, attuale ultima in classifica. A dividere questa quaterna di partite (comprendendo quella di domenica)l’amara sconfitta di Cittadella. Sconfitta che brucia ancora ma che è stata digerita nei migliori dei modi, cioè è stata presa come lezione, una dura lezione che ci ha insegnato che non bisogna mai sottovalutare nessun avversario. Da quella sconfitta ho visto una squadra più saggia, più compatta, meno frenetica, più paziente e più disposta al sacrificio. Tutto questo giro di parole attorno a questi dejà vu è per ricordare che la partita casalinga contro il Fiorano si concluse con un pareggio, interrompendo di fatto la striscia di vittorie. Non abbiamo ancora vinto quattro partite di seguito, questo dev’essere l’obiettivo a breve termine nel nostro continuo cammino di crescita. Abbiamo ritrovato entusiasmo e da questo entusiasmo dobbiamo saper farci trasportare, bisogna saper volare sulle ali dell’entusiasmo, non con arroganza e superbia ma con il desiderio dell’impresa, l’entusiasmo è avvolgente e coinvolgente fa sentire tutti parte di unico corpo che si muove convinto e deciso, domenica bisogna andare in campo ebbri di convinzione e di entusiasmo caparbi nel cercare la vittoria, che dell’entusiasmo è il cibo più prelibato. Scendere al Tesauri affamati e rispettosi dell’avversario ma con il desiderio dell’impresa, entusiasti non tutti e undici ma tutti e venti i convocati perché questo corpo che sta cominciando a muoversi armonicamente è composto da tutti e venti i convocati, chi sostituisce uno che parte titolare nel momento in cui entra diventa titolare di quel ruolo, di quella parte di corpo e il suo apporto e fondamentale a far si che il corpo continui a muoversi con armonia. Entusiasmo grinta e la consapevolezza che, comunque tra noi e la quarta vittoria consecutiva c’è da battere un avversario, che in questo caso si chiama Salsomaggiore. Motivazione in più visto che si tratta di un derby provinciale. Il Salso è, al pari di come fu il Fiorano, squadra ostica e scorbutica, possiede a pari merito con noi la 5 miglior difesa, ha subito meno goal di molte squadre che la precedono in campionato. Questo significa che è una squadra che si difende bene e con ordine che andrà affrontata con grinta, aggressività e credo con molta pazienza, la pazienza che è la virtù dei forti. Bisognerà attaccarli senza frenesia, senza sbilanciarsi, probabilmente bisognerà lavorarli bene ai fianchi con il nostro possesso palla. Ovviamente bisognerà mettere in campo tutto quello che si ha, tutto le convinzioni, e lezioni, che abbiamo incamerato, non bisognerà risparmiarsi perché tanto le partite non si vincono in 11 ma in 16. Il Tesauri aspetta che al proprio motto (lasciate ogni speranza o voi che entrate) venga fatto onore così che l’entusiasmo possa rinnovarsi e crescere a dismisura per continuare a trascinarci verso la più altisonante delle imprese. E come dice il mitico Claudio ANDAMOS!!!!!!!
Ora per la rubrica calcio e poesia, o calcio è poesia, vi riporto a sostegno della mia tesi il canto di un insospettabile Giacomo Leopardi, forse il più grande intellettuale italiano dell’ottocento.
A un vincitore nel pallone
Di gloria il viso e la gioconda voce
Garzon bennato, apprendi,
E quanto al femminile ozio sovrasti
La sudata virtude. Attendi attendi,
Magnanimo campion (s'alla veloce
Piena degli anni il tuo valor contrasti
La spoglia di tuo nome), attendi e il core
Movi ad alto desio. Te l'echeggiante
Arena e il circo, e te fremendo appella
Ai fatti illustri il popolar favore;
Te rigoglioso dell'età novella
Oggi la patria cara
Gli antichi esempi a rinnovar prepara.
Del barbarico sangue in Maratona
Non colorò la destra
Quei che gli atleti ignudi e il campo eleo,
Che stupido mirò l'ardua palestra,
Nè la palma beata e la corona
D'emula brama il punse. E nell'Alfeo
Forse le chiome polverose e i fianchi
Delle cavalle vincitrici asterse
Tal che le greche insegne e il greco acciaro
Guidò de' Medi fuggitivi e stanchi
Nelle pallide torme; onde sonaro
Di sconsolato grido
L'alto sen dell'Eufrate e il servo lido.
Vano dirai quel che disserra e scote
Della virtù nativa
Le riposte faville? e che del fioco
Spirto vital negli egri petti avviva
II caduco fervor? Le meste rote
Da poi che Febo instiga, altro che gioco
Son l'opre de' mortali? ed è men vano
Della menzogna il vero? A noi di lieti
Inganni e di felici ombre soccorse
Natura stessa: e là dove l'insano
Costume ai forti errori esca non porse,
Negli ozi oscuri e nudi
Mutò la gente i gloriosi studi.
Tempo forse verrà ch'alle ruine
Delle italiche moli
Insultino gli armenti, e che l'aratro
Sentano i sette colli; e pochi Soli
Forse fien volti, e le città latine
Abiterà la cauta volpe, e l'atro
Bosco mormorerà fra le alte mura;
Se la funesta delle patrie cose
Obblivion dalle perverse menti
Non isgombrano i fati, e la matura
Clade non torce dalle abbiette genti
Il ciel fatto cortese
Dal rimembrar delle passate imprese.
Alla patria infelice, o buon garzone,
Sopravviver ti doglia.
Chiaro per lei stato saresti allora
Che del serto fulgea, di ch'ella è spoglia,
Nostra colpa e fatal. Passò stagione;
Che nullo di tal madre oggi s'onora:
Ma per te stesso al polo ergi la mente.
Nostra vita a che val? solo a spregiarla:
Beata allor che ne' perigli avvolta,
Se stessa obblia, nè delle putri e lente
Ore il danno misura e il flutto ascolta
Beata allor che il piede
Spinto al varco leteo, più grata riede